PETER EISENMAN - La chiesa per il giubileo dell'anno 2000 (Roma)
PETER EISENMAN - LA CHIESA PER IL GIUBILEO DELL’ANNO 2000 (ROMA)
Fin da sempre la chiesa ha acquisito il ruolo di surrogato
del paradiso, dove chiunque e in qualsiasi giorno poteva accedervi. Opere
stupende e colossali, dai simboli mediatici potentissimi il quale divennero ben
presto luoghi di pellegrinaggio. Il pellegrino tendenzialmente è colui che
ricerca nella fede una speranza, uno spiraglio di luce che nella vita
quotidiana non è possibile ottenere.
Il pellegrinaggio viene paragonato ad una terapia, una
terapia per lo spirito in grado di conciliare i fatti della distanza con le
gioie della prossimità.
La chiesa di Eisenman si presenta come un canyon abitato. La
frattura principale va a dividere l’opera in due percorsi, simboleggiati come
la prossimità e la distanza. Per questo quella che in realtà doveva essere la
navata dell’edificio si trasforma di fatto in due navate laterali entrambe
destinate al passaggio verso uno spazio di comunione dei pellegrini. Questi due
passaggi posti ai limiti dello spazio centrale privo di copertura sono chiusi,
rafforzando così i contrasti che la luce genera con l’ombra, lo spazio con la
massa, volti a mettere in risalto il mistero distante del sacramento.
La chiesa quindi si divide attraverso due percorsi interni:
uno secolare e l’altro ecclesiastico attraverso uno spazio comune che
rappresenterebbe la comunione. La messa quotidiana viene celebrata nella
cappella di una delle navate laterali nelle giornate comuni e radio trasmesse
in tutte e tre le aree contemporaneamente durante le festività.
In una società ormai modernizzata la chiesa dovrebbe
trasformarsi in una sorta di medium tra i popoli. L’iconografia di questa chiesa
si muove attraverso due filoni: il primo che considera la prossimità e la
distanza, elementi non indifferenti in un pellegrinaggio; il secondo riguarda
il rapporto che c’è tra uomo, Dio e natura per rappresentare la condizione di
prossimità e la distanza nella chiesa per il pellegrinaggio.
La chiesa si sviluppa a partire dall’ordine molecolare del
terreno e viene rappresentata la sua graduale distorsione da una struttura
originariamente solida a uno stato in “between” come liquido. I diagrammi
rappresentano anche un altro aspetto e cioè quello della molteplicità degli
strati e delle sovrapposizioni dovute a deformazioni impresse dai piani. Le
geometrie che ne derivano, vibrano, dondolano, ruotano una sull’altra in
pianta, sezione, alzato. Attraverso questi movimenti si vengono a creare a
volte con l’incastro altre con la sottrazione altre con l’intersezione gli
spazi, si forma il percorso che attraversa scendendo la costruzione e nasce,
soprattutto, una nuova estetica. Insomma l’iconografia è chiara, la forma della
chiesa si evolve dal terreno, dalla realtà tangibile e si protende verso il
cielo, entro una griglia in cui gli spazi si svuotano, si aprono e si chiudono
con dimensioni variabili.
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